L’autostrada e la città vecchia

L’autostrada corre veloce, asfalto rovente di pece. Caselli ed autogrill ti dicono di riposare anche un po’. Affonda il pedale ed un po’ lo allenti, quasi come se una meta non ci fosse. Come se ad essere veramente importante non fosse la destinazione. L’obbiettivo. Il premio. Come se ad essere veramente importante fosse <<l’andare>>. Senza un apparente motivo. L’andare è <<l’esserci>>, il dire presente: lascio un piccolo segno del mio passaggio. 

Ma quello svincolo l’hai preso proprio tu. La strada che (credi di aver) hai scelto, devi poi fartela andare bene. Anche se la carreggiata si restringe. Perché puoi trovare lavori. Puoi trovare addirittura incidenti. 

Tu va. Non temere. Il motore è in palla. Le ruote sono nuove. Le traiettorie le disegni con il volante. Le traiettorie disegnano la strada. La strada dunque non solo l’hai scelta tu. La stai disegnando con il tuo andare. Con il tuo viaggio. Quale musica ascolti nel tuo viaggio stereo? Con quante mani tieni il volante ed a quanti gradi hai l’aria condizionata… 

Ed io? Cosa dico e cosa penso di me. Sulla mia strada. Sul mio andare.

L’autostrada corre veloce, come una serpe che striscia, forse solo un miraggio sulla via di casa (cit.). E quella casa che pensi che ti stia aspettando sempre, la trovi nella città vecchia, pochi chilometri dopo l’uscita dall’autostrada. Ma lì è un altro andare. Altri ritmi, gente per strada. Al rosso del semaforo mi fermo e sulle strisce attraversa il vecchio Jim, che sente il calore alzarsi dal cofano dell’auto; si volta e dice <<la macchina è calda>>. Rispondo di si, che andavo ad oltre cento chilometri orari e chiedo a lui se andavo piano o andavo forte. Jim mi fa <<se andavi in autostrada, andavi piano, se andavi nella città vecchia, andavi velocissimo>>

A volte abbasso troppo il pedale nelle stradine strette della città vecchia. Altre volte mi metto a 90 chilometri orari in autostrada dietro ad un pullman a vedere i ragazzini spiaccicati sul vetro che mi ridono contro. È chiaro che a volte sbaglio la misura. Ma se è vero che quello che conta veramente è <<l’andare>>. Io vado, con la mia misura (a volte) sbagliata, con il volante che sa disegnare traiettorie anche a careggiata ristretta; percorrendo la strada mentre immagini cosa sarebbe stato se avessi svoltato allo svincolo precedente. E proprio per citare quel cantante e quella musica un tempo tanto cari… sempre e solo sulla mia strada.  

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1 commento

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